Una scelta apparentemente sicura si trasforma in un potenziale boomerang per l’Italia, mettendo a rischio la stabilità dei prezzi dei carburanti.
L’Italia si trova di fronte a una situazione delicata nel settore petrolifero. Negli ultimi due anni, gli eventi geopolitici hanno spinto il paese a rivedere la propria strategia di approvvigionamento di greggio, con conseguenze che ora rischiano di rivelarsi problematiche. La decisione di affidarsi maggiormente alla Libia come principale fornitore di petrolio, inizialmente vista come una mossa saggia, potrebbe ora trasformarsi in un’arma a doppio taglio.
Le tensioni internazionali hanno costretto l’Italia a cercare alternative alle tradizionali fonti di approvvigionamento. La guerra in Ucraina ha interrotto le importazioni di petrolio russo via mare mentre il conflitto tra Israele e Hamas ha complicato gli approvvigionamenti dal Medio Oriente. In questo scenario, la Libia è emersa come una soluzione apparentemente ideale, tornando ad essere il primo fornitore di greggio per l’Italia dopo un decennio.
Tuttavia, questa strategia rischia ora di vacillare. Il recente annuncio del governo di Khalifa Haftar, che controlla la parte orientale della Libia, di sospendere la produzione e l’esportazione di petrolio, ha gettato un’ombra di incertezza sul mercato energetico italiano.
La situazione attuale mette in luce la fragilità dell’approvvigionamento petrolifero italiano. Nei primi sei mesi del 2024, la Libia ha fornito il 22,3% del greggio importato dall’Italia, con un aumento del 37,7% rispetto all’anno precedente. Questo dato, fornito dall’Unione energie per la mobilità (Unem), evidenzia quanto il paese sia diventato dipendente da questa fonte.
Al secondo e terzo posto tra i fornitori si collocano rispettivamente l’Azerbaijan e il Kazakhstan che insieme coprono oltre il 31% delle importazioni italiane di petrolio. Tuttavia, è l’Africa nel suo complesso a dominare, fornendo il 36,6% del greggio importato, seguita dai paesi ex URSS con il 31,4%.
La riduzione delle importazioni dal Medio Oriente, in particolare da Iraq e Arabia Saudita, ha contribuito a questa riconfigurazione. Il calo rispettivamente del 32,4% e del 23,3% rispetto al 2023 ha spinto l’Italia a cercare alternative, trovando nella Libia un partner apparentemente affidabile.
Ora, però, lo stop alla produzione annunciato da Haftar potrebbe mandare in tilt questo delicato equilibrio. L’Italia si trova costretta a cercare rapidamente nuovi fornitor, con il rischio concreto di dover acquistare petrolio a prezzi più elevati. Questa situazione potrebbe innescare un effetto domino, portando a un aumento dei prezzi dei carburanti per i consumatori italiani.
La strategia italiana, nata come risposta alle sfide geopolitiche, rischia così di trasformarsi in un boomerang economico. L’unica certezza sembra essere la volatilità dei prezzi dei carburanti. Gli automobilisti italiani potrebbero presto trovarsi a fare i conti con aumenti significativi al distributore, pagando il prezzo di una strategia energetica che, seppur nata con buone intenzioni, si è rivelata più rischiosa del previsto.
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