Una Lancia che ha fatto la storia, con un cuore Ferrari e una linea da sogno. Una storia di corse, motori e passione che ancora oggi fa battere il cuore agli appassionati.
Quando pensi a una Lancia che ha lasciato il segno, viene subito in mente la Stratos. Ma qui non si parla di una Lancia qualsiasi: è quella che ha avuto il coraggio di montare un motore destinato a una Ferrari. Un’auto che, per molti, resta un punto di riferimento.
Si trarra di una macchina disegnata da Marcello Gandini per Bertone, prodotta in pochi esemplari tra il 1973 e il 1975, che ha fatto impazzire piloti e tifosi. Il suo nome è già leggenda, ma la sua storia è ancora più affascinante.
Tutto è iniziato con la Strato’s Zero, presentata al Salone di Torino del 1970. Una concept car con un design rivoluzionario, senza portiere, dove per salire bisognava aprire il parabrezza e infilarsi dentro scavalcando il piantone dello sterzo. Un prototipo che ha fatto sognare tutti, ma era troppo avanti per diventare una vettura di serie.
L’idea però era lì, pronta a trasformarsi in qualcosa di concreto. Cesare Fiorio, alla guida della squadra corse Lancia HF, cercava una sostituta per la Fulvia Coupé nei rally. Così è nata la Stratos HF, presentata nel 1971. Ma per gareggiare servivano almeno 500 esemplari, che furono immediatamente messi in cantiere.
Il vero colpo di scena arrivò quando Lancia ottenne il motore V6 della Ferrari Dino, dopo lunghe trattative con Enzo Ferrari in persona. Un accordo storico, che portò la Stratos a essere una sorta di ibrido tra Lancia e Ferrari, con un cuore da Maranello e una carrozzeria da Torino.
La Stratos era pronta: una coupé compatta, due posti, scocca in acciaio e carrozzeria in vetroresina, motore centrale posteriore per una distribuzione dei pesi perfetta e trazione posteriore per una guida più reattiva.
I freni erano a disco su tutte le ruote, senza servofreno perché la macchina era pensata per le corse. I serbatoi, posizionati al centro, contenevano fino a 85 litri di carburante, giusto per un’auto che consumava tanto ma andava forte.
Il motore era quello della Ferrari Dino 246 GT, un V6 2.4 litri con tre carburatori Weber, potenza di 190 CV e coppia di 23 kgm. Pesava poco, accelerava forte: 0-100 km/h in meno di 7 secondi, 0-160 km/h in 18 secondi. Per le gare il motore veniva elaborato fino a 280 CV, poi addirittura a 320 CV con quattro valvole per cilindro, e c’era anche una versione turbo da 560 CV per le endurance.
La Stratos è stata una delle poche auto che ha avuto il privilegio di unire la passione italiana per il design e la tecnica con la potenza di un motore Ferrari. Una vettura che ancora oggi, a distanza di cinquant’anni, fa sognare chiunque abbia un minimo di amore per le auto.
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