Una pazzesca innovazione italiana. Prestazioni paurose per una 125 turbo. Ecco com’è nata.
Spesso quando oggi si parla di mezzi di trasporto a motore si cita la Cina quale maggiore produttore. Se fino al 2019 pareva quasi non esistere, dal post Covid Pechino è esplosa lasciando all’occidente e al resto dell’Asia le briciole. L’incremento dei veicoli elettrici richiesto dalle normative imposte dalla Commissione Europea ha giocato inevitabilmente a suo favore visto che si tratta di un Paese ricco delle materie prime necessarie per realizzarli.
E’ comunque bene riconoscere che quella che può essere definita una problematica sta interessando maggiormente le automobili, mentre almeno per ora il comparto delle due ruote regge e l’occidente continua a difendersi bene, Italia compresa che, oggi come in passato continua ad essere un riferimento. Sue sono infatti state alcune innovazioni incredibili come quella sfoggiata da una 125 turbo dalle prestazioni paurose che tuttora fanno venire i brividi a pensarci.
Il mondo dei motori è ricco di concept che non hanno mai visto la luce e progetti potenzialmente rivoluzionari che si sono rivelati troppo pindarici per trovare effettiva concretizzazione, uno di questi è stato realizzato da Moto Morini negli anni ’70 quando l’ingegnere Franco Lambertini ebbe un’intuizione, ovvero applicare un compressore volumetrico al monocilindrico ad aste e bilancieri normalmente sfruttato sui modelli 125 rilasciati dal marchio. L’idea era quella di migliorare l’efficienza grazie ad una combustione più efficace e una maggior reattività dell’acceleratore.
Grazie a tale escamotage l’erogazione superava i 17 cv e si riusciva ad ottenere una velocità massima di 140 km/h, dati che potrebbero far sorridere in epoca moderna, ma che allora erano davvero notevoli, tanto che nel confronto diretto con le più potenti 250 non si notavano particolari differenza. L’aspetto vincente di questa invenzione era anche il costo dato che tutta l’operazione non prevedeva un grosso impiego di risorse e il compressore era economico.
In molti si staranno domandando il motivo per cui il turbo non sia mai stato riprodotto in serie. Ebbene la patron Gabriella Morini e il direttore amministratore del tempo Gianni Marchetti lo reputarono troppo audace e pericoloso per i ragazzini che si misuravano con una due ruote per la prima volta. A giocare a suo sfavore anche un brutto rumore. Messo in funzione ricordava, a quanto pare, il verso del tacchino, un difetto che fece tramontare sul nascere.
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