La notizia piomba come un macigno sulle teste di migliaia di automobilisti italiani: il motore PureTech, montato su decine di modelli diversi, continua a creare seri problemi.
Si potrebbe definire una specie di pandemia motoristica. Un solo propulsore, ma pieno di problemi, che ha contaminato decine di modelli diversi. Parliamo del motore PureTech 1.2, un tre cilindri benzina nato nel 2012 nelle officine PSA. All’inizio sembrava tutto perfetto: prestazioni interessanti, consumi ridotti, tecnologia moderna, persino un nome azzeccato. Eppure i problemi sono arrivati, in abbondanza, dopo.
Col passare degli anni la realtà si è rivelata sempre più problematica, un vero incubo. Le prime avvisaglie sono arrivate piano piano. Poi i guai sono diventati evidenti, impossibili da nascondere, trasformando quello che doveva essere un fiore all’occhiello in un vero grattacapo per migliaia di proprietari.
Dalla speranza alla disillusione
I problemi non hanno tardato a manifestarsi. Prima la distribuzione a cinghia dentata ha iniziato a cedere precocemente. Poi è emersa la questione del consumo anomalo d’olio. Le officine hanno cominciato a riempirsi delle stesse lamentele, mentre sui forum online si moltiplicavano le testimonianze preoccupate dei proprietari.
Gli ingegneri di Stellantis hanno tentato diverse strade. Nelle versioni più recenti hanno sostituito la cinghia con una catena di distribuzione. Una soluzione radicale, come chi decide di rifare completamente il tetto per risolvere una piccola infiltrazione. Per le auto già in circolazione, l’azienda offre ora una garanzia estesa di 10 anni o 175.000 chilometri. Un tentativo di rassicurare i clienti che suona un po’ come una tardiva ammissione di colpa.
L’elenco delle auto coinvolte toglie il fiato. Si parte dalle citycar come Citroën C1 e Peugeot 108, si passa attraverso le compatte più vendute come C3 e 208, si arriva ai SUV come DS7 Crossback e Opel Grandland. Pure Toyota si trova invischiata in questa storia con il suo ProAce City. Una presenza capillare che attraversa marchi e segmenti come un virus particolarmente contagioso.
Sul mercato dell’usato le conseguenze sono pesanti. I prezzi precipitano non appena compare la sigla PureTech nella descrizione dell’auto. I compratori scappano, mentre le officine specializzate raccontano di interventi sempre più frequenti e costosi.
Chi possiede una di queste auto vive ormai in uno stato di allerta permanente. Il controllo dell’olio diventa un’ossessione settimanale. Ogni rumore strano fa saltare sulla sedia. La manutenzione preventiva svuota il portafoglio, eppure rimane l’unica via per evitare guasti ancora più seri.
Le nuove versioni con catena di distribuzione potrebbero rappresentare la svolta. Intanto migliaia di automobilisti continuano a guidare col fiato sospeso, sperando che il proprio motore regga ancora un po’. Servirà tempo per capire se le modifiche tecniche salveranno la reputazione del PureTech. O, ancora meglio, gliene creeranno una nuova.