Vetrine illuminate, listini che cambiano, conversazioni tra amici: novembre non è di solito il mese delle rivoluzioni, eppure nei concessionari europei si è sentito un ronzio diverso. L’auto sta cambiando pelle, in silenzio ma in fretta.
L’autunno automobilistico di solito scorre lento. Quest’anno no. Le immatricolazioni nell’Unione Europea hanno chiuso novembre in territorio positivo e il motore della crescita è arrivato da dove molti ormai se l’aspettano: dalle auto elettriche e dalle ibride ricaricabili. Lo si percepisce nelle città, dove le colonnine nuove diventano punti di riferimento, e nelle flotte aziendali, che aggiornano i capitolati pensando al 2026 come fosse domani.
Non è un’onda improvvisa. Dietro c’è una combinazione di fattori: la pressione dei limiti di CO2 (-15% per le nuove vetture già dal 2025 rispetto al 2021, con step più severi nel 2030 e lo stop ai motori termici nel 2035), una rete di ricarica che cresce sotto l’ombrello dell’AFIR, e un’offerta di prodotto finalmente variegata nelle fasce di prezzo che contano. Quando entri in salone e trovi una compatta a batteria, un SUV elettrico e una familiare Plug-in con sconti concreti, la scelta diventa meno teorica.
A metà mese, in un’area di servizio dell’Emilia, ho visto due famiglie scambiarsi dritte su tempi e costi mentre collegavano la loro BEV. Parlava più la praticità che l’ideologia: quanto consuma in autostrada, quali tariffe notturne convengono, come gestire i viaggi lunghi. È lì che capisci il cambio di passo.
Il numero che fa testo è semplice: da inizio anno, la quota di mercato dei veicoli elettrici a batteria nell’UE è arrivata al 16,9%. È una soglia psicologica e industriale insieme. Segnala che l’elettrico non è più nicchia e impone alle case di spostare volumi e margini. Sul fronte Plug-in, il quadro è più sfumato: le immatricolazioni crescono in alcuni Paesi spinti dal canale aziendale, ma non ci sono ancora dati consolidati e comparabili per novembre 2025 a livello UE; in assenza di serie ufficiali complete, è prudente non azzardare percentuali.
Chi ha osservato i listini lo sa: i prezzi di molte BEV sono scesi rispetto a un anno fa, complici concorrenza più serrata e filiere che si normalizzano. Modelli come Tesla Model Y, MG4, Volkswagen ID.4 o Renault Mégane E-Tech hanno tenuto alto l’interesse, mentre i marchi cinesi sfidano i segmenti medi con pacchetti batteria-motore convincenti. Sul lato ricarica, le dorsali TEN-T sono più coperte di prima, anche se la distribuzione resta disomogenea tra Nord e Sud Europa. Sono passi misurabili, confermati dai report di ACEA per le immatricolazioni (acea.auto), dai Global EV Outlook dell’IEA (iea.org) e dagli aggiornamenti sull’AFIR pubblicati dalla Commissione europea.
Resta qualche nodo. In Germania lo stop agli incentivi di fine 2023 ha lasciato strascichi nella domanda privata; in altri mercati, gli aiuti si spostano su income test e rottamazioni. Sulle PHEV, il tema è l’uso reale in città: se non si ricaricano, non tagliano emissioni. È qui che politiche intelligenti e tassazione aziendale possono fare la differenza.
Il punto, oggi, non è più “se” ma “come” accelerare senza lasciare indietro nessuno: infrastrutture affidabili, usato garantito, educazione alla ricarica, trasparenza su costi e autonomia. Novembre ci ha detto che la curva è imboccata. La domanda è: sapremo trasformare il picco d’attenzione in normalità quotidiana? Magari la risposta sta nella prossima sosta, sotto una luce a LED, mentre un cavo clicca al suo posto e la strada, silenziosa, ricomincia.
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