Una mossa che cambia il quadro: Il colosso USA rimpiazza parte dell’elettrico e rilancia sui motori a combustione di nuova tecnologia
Nei mesi in cui l’auto elettrica sembrava l’unica direzione “giusta”, arrivano segnali che rimettono in discussione le certezze: l’adozione non corre come previsto, i costi d’ingresso frenano gli acquisti e la ricarica resta un ostacolo per chi non ha un posto privato dove collegare l’auto durante la notte. In questo contesto, alcune Case iniziano a ripensare la strategia: il mercato chiede gradualità, non rotture.
Sullo sfondo, la sostenibilità resta un obiettivo, ma si intreccia con occupazione, filiere e tempi di transizione. Il risultato? Un riequilibrio che cambia il baricentro degli investimenti, senza strappare con l’elettrico, ma spostando il focus su ciò che oggi i clienti sono pronti a comprare.
GM ridisegna la rotta elettrica
General Motors sceglie la via pragmatica: investe massicciamente nella nuova generazione di motori a combustione e lo fa negli Stati Uniti, con l’obiettivo dichiarato di sostenere produzione e lavoro domestici. La cifra stanziata è significativa e indica una netta priorità sul breve periodo, in controtendenza rispetto a chi accelera solo sull’elettrico.

Il contesto aiuta a capire la scelta. Dopo una partenza sprint a inizio decennio, la crescita delle auto a batteria ha rallentato e non ha centrato le curve previste dagli analisti. Il prezzo iniziale resta più alto rispetto ai modelli tradizionali, gli incentivi non sono uniformi in tutti gli Stati e la ricarica pubblica non colma una lacuna strutturale: tanti automobilisti non dispongono di un vialetto o di un box dove rigenerare l’auto mentre dormono.
Le parole di una ricercatrice di Harvard sottolineano proprio questo punto: senza ricarica domestica, l’aritmetica dell’elettrico cambia, e con essa le scelte d’acquisto. Il segnale non arriva solo da Detroit. Alcuni marchi di fascia alta hanno già rivisto programmi e tempistiche, rallentando o congelando progetti full electric. È la conferma di un ciclo che si riassesta: non finisce la transizione, ma si allunga la rampa.
Il rischio è che un riposizionamento di questo calibro faccia scuola, inducendo altri costruttori a rallentare. Ma la mossa può anche essere letta come un “pit stop” finanziario: consolidare margini oggi, per avere benzina (metaforica) domani da reinvestire nella decarbonizzazione.
L’elettrico non esce di scena, ma smette di recitare da protagonista unico. GM sceglie di diversificare, seguendo una domanda che chiede affidabilità, costi prevedibili e infrastrutture al passo. La transizione continua, con meno slogan e più fabbrica.