Sotto il podio.
Un’ ovazione.
Quando Valentino, dopo esser salito sul gradino più alto, ha guardato i suoi supporters gialli che riempivano ogni angolo, ogni spazio, ogni singolo centimetro di prato sotto il podio, si è scatenato il l’ inferno. O meglio, il paradiso.
Intriso di patriottismo e di soddisfazione, il pubblico dei tifosi di Valentino e della MotoGP ha voluto festeggiare il Talento italiano lasciandosi coivolgere fino all’ osso, fino alle corde vocali che hanno cantato a squarciagola l’ Inno di Mameli, con un impeto e una potenza tale da coprire la base, la musica, anticipandola addirittura.
Andando più veloce.
Esattamente come Valentino.
Il pubblico della MotoGP gioisce. E piange.
E si gioca le coronarie col destino della gara e con i caschi dei piloti, urla e scalpita e piega e apre il gas esattamente come se su quelle moto 800cc ci fosse ogni suo singolo componente.
E’ il pubblico che coinvolge e inonda i circuiti, che si stringe attorno ad un pilota e lo esalta, lo porta in trionfo, lo adora.
Ma il pubblico della MotoGP, talvolta, è anche un altro.
Quello che gioisce per una caduta o che inveisce contro gli avversari. Fu così per il ruzzolone di Sete Gibernau al Mugello 2005, è stato così per la scivolata di Casey Stoner a Misano, solo per ricordare due episodi relativi ad annate in cui Valentino fu ed è in corsa aperta per il Titolo Mondiale.
E’ questo il pubblico che non ci piace, a cui non vogliamo appartenere, a cui non ci sentiamo vicini.
Con tutte le scusanti del caso, vivace passione e tifo da stadio non vanno mai confusi, né mescolati.
A meno di non voler trasformare il circus della MotoGP in una grande arena in cui vince solo l’ ultimo a morire sotto gli occhi ciechi di spettatori disumani.