Tutti le conosciamo, quasi tutti le abbiamo guidate e possedute. Ma ci siamo mai chiesti cosa significa il nome di questo brand a dir poco leggendario?
Un acronimo, una parola latina, una storia che parte da Torino e arriva ovunque: dietro il nome FIAT, tra le lettere che danno il nome al brand che ha motorizzato l’Italia, e che ha prodotto alcuni dei modelli più amati di tutti i tempi si nasconde più di quanto si creda.
Il marchio FIAT non è solo una sigla. È un simbolo che racchiude l’ambizione di un gruppo di pionieri, un’idea industriale nata in un caffè torinese e diventata colosso mondiale. Ma il significato del nome, e il motivo per cui fu scelto, meritano di essere raccontati con calma, perché portano con sé una doppia lettura, una curiosità che ancora oggi stuzzica chi si avvicina al mondo dell’auto italiana.
Dietro il nome Fiat, una sigla nata per essere leggenda
Tutto inizia a Torino, fine Ottocento. Un gruppo di aristocratici, imprenditori e professionisti si ritrova con un obiettivo chiaro: portare l’automobile italiana nel futuro. L’idea di produrre vetture su scala industriale era già nell’aria, ma serviva il passo decisivo.

Emanuele Cacherano di Bricherasio e Cesare Goria Gatti, già noti per aver fondato l’Automobile Club d’Italia, avevano capito che era il momento di andare oltre la produzione artigianale.
Non fu una decisione presa a cuor leggero. I fondatori si riunivano spesso nel caffè di madame Burello, tra discussioni e accordi, fino a trovare il sostegno finanziario del Banco di Sconto e Sete. L’atto di nascita arriva l’11 luglio 1899 a Palazzo Bricherasio: nasce la “Società Anonima Fabbrica Italiana di Automobili – Torino”.
Ma il vero colpo di scena arriva con il nome. La sigla FIAT viene suggerita da Aristide Faccioli, con il sostegno di Cesare Goria-Gatti. Non si tratta solo dell’acronimo di “Fabbrica Italiana Automobili Torino”: nella scelta pesa anche il significato latino della parola, “che sia, che divenga”, un augurio di successo e crescita.
Un dettaglio che non passa inosservato: sulle colonne del giornale L’Automobile, Goria-Gatti invita ad adottare l’acronimo proprio per il suo valore simbolico. Non tutti sono d’accordo: Cacherano di Bricherasio, di idee socialiste, storce il naso per il richiamo biblico del termine, che rimanda a “fiat lux”.
Da quel momento, però, la sigla FIAT diventa il marchio di un’impresa che cambierà il volto dell’industria italiana. Non solo un nome, ma un manifesto di intenti: puntare in alto, con lo sguardo rivolto al futuro. E quella doppia anima, tra acronimo e parola latina, resta ancora oggi uno dei dettagli più affascinanti della storia dell’auto italiana.