Un flop targato Lancia, dimenticato da tutti: Marchionne costretto a eliminarla, la curiosa storia di un modello sfortunato nel panorama FIAT.
Negli anni, Lancia ha rappresentato eleganza e grinta con modelli che hanno lasciato il segno. La Delta ha infiammato i rally e la piccola Ypsilon resiste sulle strade italiane. Tuttavia, l’azienda ha vissuto anche momenti bui: alcuni progetti sono finiti nel dimenticatoio quasi subito.
Stellantis, oggi, punta al rilancio con una Ypsilon tutta nuova e scommette su futuri modelli per ridare slancio al marchio. La crisi che ha portato la casa torinese a produrre un solo modello attivo ha radici profonde e dimenticate, tra cui un veicolo che, più degli altri, simboleggia un fallimento totale.
Il caso Flavia: la cabrio americana che Lancia non voleva
Certe auto, nonostante le buone premesse e un marchio storico sul cofano, non riescono proprio a farsi amare. È il caso della Lancia Flavia del 2012, una cabriolet che segna la collaborazione tra FIAT e Chrysler, ma che nelle intenzioni avrebbe dovuto riportare freschezza tra le auto scoperte italiane.

Presentata a Ginevra, la nuova Flavia era la versione rimarchiata della Chrysler 200, prima cabrio dal 1967 nel listino Lancia. Una proposta sicuramente diversa dal passato ma incapace di farsi accettare dagli estimatori italiani.
Il lancio della Flavia sembrava puntare tutto sull’effetto novità, su una linea diversa e sul motore 2.4 benzina da 170CV, capace di portare la cabriolet a 195km/h. Ma le scelte strategiche si rivelarono un boomerang: niente motorizzazione diesel, importante per il mercato italiano; capote solo in tessuto e non rigida, quando i concorrenti ormai offrivano alternative più pratiche; soprattutto, un’anima percepita come troppo americana, distante dalla tradizione stilistica di Lancia. Gli acquirenti non si fecero convincere, vuoi per lo stile, vuoi per l’offerta tecnica poco adatta alle esigenze locali.
I numeri sancirono presto la sorte del modello: in appena dodici mesi, solo 450 esemplari sono usciti dai concessionari italiani. Una cifra mai vista per una Lancia moderna. Nel giro di un anno, la produzione fu fermata: una decisione rapida e definitiva, portata avanti da Marchionne che non lasciò spazio a rimandi.
La Flavia svanì così dal catalogo e dalla memoria collettiva, simbolo di una strategia errata e di quanto sia rischioso snaturare un marchio storico per inseguire partnership forzate.
Il caso Flavia però fu solo la punta dell’iceberg: dall’alleanza con Chrysler arrivarono anche Thema e Voyager, entrambi accolti con freddezza dal pubblico italiano. L’effetto “americanata” pesò come un macigno su tutti questi modelli, accelerando il declino del marchio e riducendo drasticamente la gamma Lancia. Così, la Flavia resta una parentesi amara nella storia torinese, un flop lampante, destinato forse a essere ricordato solo dagli appassionati di stranezze automobilistiche.