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La storia rivoluzionaria delle auto ibride

Pubblicato da
Claudia Colono

Le auto ibride hanno alle spalle un percorso storico molto affascinante, che affonda le radici negli ultimi anni dell’Ottocento. Solo in tempi relativamente recenti, tuttavia, questa tecnologia è riuscita a conquistare il grande pubblico, complice la necessità di limitare i consumi e l’impatto ambientale.

Oggi, grazie all’evoluzione e alla diffusione capillare, sono numerosi i marchi che propongono modelli ibridi praticamente in ogni segmento e altrettanto numerose sono le compagnie che offrono assicurazioni auto per veicoli ibridi senza sorprese appositamente dedicate a questi modelli.

Storia delle auto ibride: le origini pioneristiche, dalla Lohner-Porsche Mixte ai primi del Novecento

A cavallo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, diversi ingegneri e inventori sperimentarono la combinazione tra motori elettrici e unità a combustione.

Uno dei prototipi più celebri fu la Lohner-Porsche Mixte (1899), ideata proprio da Ferdinand Porsche: grazie a due propulsori elettrici sui mozzi delle ruote anteriori e un motore a benzina che ricaricava le batterie, la vettura garantiva già un’autonomia abbastanza importante per l’epoca.

Ben presto, emersero anche altre soluzioni ibride, come la Woods Dual Power o il modello proposto dall’inventore belga Henri Pieper. Nonostante l’audacia di questi progetti, il basso costo del petrolio e l’immediata praticità dei motori termici fecero tramontare questa strada tecnologica, anche se molti pionieri guardavano già all’ibrido come a un’opportunità di ridurre consumi ed emissioni.

La rinascita e gli esperimenti tra crisi petrolifera e innovazione

Dopo alcuni decenni di oblio, la crisi petrolifera del 1973 riaccese l’interesse per l’ibrido. L’aumento dei prezzi dei carburanti spinse le case automobilistiche a sperimentare nuove soluzioni per consumare meno benzina. Già negli anni Settanta, colossi come Toyota e Fiat presentarono prototipi che univano motori a combustione e unità elettriche, spesso alimentate da batterie al nichel-cadmio.

In questo periodo, l’assicurazione auto (obbligatoria in Italia dal 1969) continuava a seguire gli standard tradizionali, ma il settore iniziò a interrogarsi sui rischi e sulle specifiche di veicoli dalle alimentazioni ibride.

I modelli prodotti rimanevano sperimentali e costosi, ragion per cui non trovarono immediatamente un mercato di massa. Tuttavia, gettarono le basi per sviluppi successivi, spianando la strada a soluzioni sempre più raffinate. Quel che è certo è che ci si interrogava anche su come sarebbe cambiato il mondo dell’assicurazione auto e le forme di tutela delle nuove vetture che un giorno sarebbero state accolte con maggior successo.

L’era moderna: la Toyota Prius e il futuro dell’ibrido

La svolta definitiva arrivò nel 1997 con la commercializzazione della Toyota Prius. Grazie al suo sistema full hybrid, capace di ridurre consumi ed emissioni in modo sostanziale, la Prius guadagnò rapidamente popolarità in Giappone e, successivamente, in tutto il mondo. Un anno dopo, Honda rispose con la Insight, dotata del proprio sistema ibrido IMA (Integrated Motor Assist).

Da quel momento, l’ibrido non fu più solo un esperimento: i costruttori capirono rapidamente che offrire veicoli con doppio motore rappresentava un vantaggio competitivo, in linea con le crescenti preoccupazioni ambientali.

Nel frattempo, l’evoluzione tecnica ha portato a sistemi mild hybrid, full hybrid e persino plug-in, capaci di viaggiare in modalità elettrica pura per diversi chilometri.

Oggi, chi possiede un’auto ibrida può godere di agevolazioni fiscali e di un’ampia gamma di soluzioni assicurative dedicate, non tanto per quanto riguarda la RC Auto obbligatoria, per la quale non ci sono grandi differenze tra polizze per auto ibride, elettriche o a carburante tradizionale, quanto per le garanzie accessorie, con pacchetti specifici studiati per proteggere nel migliore dei modi i veicoli dotati di tecnologie alternative.

Claudia Colono

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