Un prototipo ad energia che sembrava pura fantasia, ma che nascondeva una visione capace di cambiare tutto. Era un’idea Ford e aveva caratteristiche totalmente uniche
La fine degli anni Cinquanta è un periodo di sogni fuori scala. Negli Stati Uniti, ogni invenzione sembra possibile: basta assemblare una buona dose di ottimismo, qualche idea rivoluzionaria e tanta, tantissima fiducia nel progresso. Nel pieno del boom atomico, anche l’auto si trasforma in oggetto di desideri futuristici.
Ford lancia una provocazione che oggi sa tanto di racconto ucronico: immagina una vettura capace di divorare chilometri senza sosta, non grazie alla benzina, ma a una propulsione nucleare. Non è uno scherzo da laboratorio, né una trovata pubblicitaria. È il prototipo Nucleon, l’auto pensata per correre affidandosi all’atomo, pronta a confondere sogni e realtà.
Un’auto a energia nucleare che ha riscritto la storia
Negli Stati Uniti del dopoguerra, l’entusiasmo per l’energia nucleare non conosce limiti: si progettano aerei atomici, sottomarini nucleari, città alimentate dall’atomo. La cultura pop si riempie di riferimenti tra giocattoli, film e mode ispirate alle invenzioni scientifiche.

Nel 1957, la Ford decide di farsi avanti con la Nucleon, una concept car che prende sul serio la mania collettiva per la fissione atomica. Osservandola, viene subito in mente un veicolo uscito da un videogioco distopico: linee esagerate, design avveniristico, una promessa di viaggi lunghissimi senza rifornimento.
In quegli anni, nessuno si stupisce se un bambino trova in regalo un set che include persino campioni di uranio. Il clima è quello di un Paese convinto che l’atomo sia la soluzione a tutto, almeno finché incidenti famosi non incrineranno questa certezza.
Ford però va oltre le suggestioni: pensa davvero che, prima o poi, si riuscirà a ottenere reattori nucleari così piccoli e leggeri da inserirli nel telaio di un’auto. Il risultato sarebbe una specie di incrocio tra un’ammiraglia americana e una nave militare, con la praticità di un’auto di tutti i giorni e l’autonomia di una portaerei.
Gli ingegneri prevedono che la Nucleon possa percorrere fino a 8.000 km senza rifornirsi: un exploit ancora oggi irraggiungibile dalle tecnologie tradizionali.
Sul piano tecnico, il sogno si scontra subito con la realtà. I reattori nucleari di allora sono enormi e richiedono strutture protettive che occupano spazio e pesano moltissimo. Non si può certo inserire una torre di raffreddamento sul retro di una berlina. Eppure, nei disegni della Nucleon, nasce già l’idea di realizzare reattori più compatti, gestibili tramite materiali innovativi e tecnologie che anticipano di decenni gli sviluppi futuri del settore.
La progettazione della Nucleon non si limita ai calcoli tecnici. Anche lo stile racconta una storia di visionari: dietro la matita c’è James R. “Jim” Powers, un giovane appena uscito dalle aule di design, coordinato da un team guidato da George W. Walker. Non è mai stato costruito un esemplare funzionante, ma la lezione della Nucleon è rimasta: osare si può. E, a volte, serve proprio uno slancio visionario per immaginare il domani.