Un protagonista silenzioso del design italiano, ci lascia. Le sue auto hanno lasciato un segno profondo. Un’eredità che parla di stile, innovazione e rispetto per la tradizione.
Il mondo dell’auto perde una figura che ha scritto pagine importanti, spesso lontano dai riflettori. Dietro tanti modelli iconici, c’era la sua mano: Ercole Spada ha contribuito, con modestia ma fermezza, a rendere il design italiano quello che oggi tutto il mondo ammira.
Chi lo conosceva davvero sa quanto fosse schivo, lontano da ogni clamore – ma le sue carrozzerie, quelle le hanno viste tutti. Nel mezzo di una stagione tumultuosa dell’automobile, è riuscito a imporre uno stile riconoscibile, fatto di equilibrio e scelte precise. I tratti che trasmetteva ai suoi progetti nascevano non da mode passeggere, ma da un pensiero profondo: favorire la funzione senza mai abbandonare l’emozione della forma. E ora, con la sua scomparsa, il settore sente di avere perso uno dei suoi pilastri più autentici.
L’eredità silenziosa di un pilastro per l’Italia
L’opera di Ercole Spada prende avvio lontano dai riflettori: nato a Busto Arsizio nel 1937, fin da giovane frequenta l’Istituto Tecnico Feltrinelli di Milano, indirizzato da subito verso la progettazione. È nel 1960, entrando in Zagato, che trova la sua prima vera occasione.

Promosso quasi subito capo del design, Spada firma negli anni Sessanta auto destinate a diventare leggenda come la Aston Martin DB4 GT Zagato, l’Alfa Romeo Giulietta SZ, la Lancia Flavia Sport e molte altre: quasi trenta modelli esclusivi tra Milano e le principali case europee. Il suo tratto distintivo resta la “coda tronca”, soluzione aerodinamica presa in prestito dalla ricerca scientifica e resa uno standard.
La sua firma non si limita all’Italia. Nel 1969 passa a Ghia, dove si confronta con lo stile Ford disegnando la GT70, e prosegue in Audi. A partire dal 1976, trasferendosi a Monaco di Baviera, prende in mano il design di BMW, lavorando sulla Serie 7 E32 e sulla Serie 5 E34, modelli che consolidano la fama di marchio tedesco solido e innovativo.
Tornato a Torino negli anni Ottanta, dirige l’Istituto I.DE.A. e lascia il segno su tutto il gruppo Fiat, dalla Tipo alla Lancia Dedra, fino alle ultime Alfa Romeo della vecchia scuola. Poi, un secondo ritorno a Zagato gli permette di cimentarsi ancora una volta con modelli su misura – Ferrari FZ93 in primis – e consolidare la sua autorità di progettista di razza.
Negli ultimi anni, Spada si mette alla prova con un’avventura personale, fondando Spadaconcept insieme al figlio Paolo. Lì, anche senza clamore, ribadisce le sue idee: macchine pulite, linee nette, attenzione alla funzionalità, niente eccessi. Ne vengono fuori sportive come la Codatronca, che ancora oggi fanno discutere gli appassionati.
Oggi, il settore sente la mancanza di un riferimento vero: Spada ha dimostrato che si può cambiare la storia anche senza gridarlo ai quattro venti, solo lasciando parlare le proprie creazioni.