Un V12 fatto in officina, spinto dal metanolo e tre turbo: suona come fantascienza, ma qui la cavalleria è da brividi.
Un V12 è l’oggetto del desiderio di chi ama i motori. Dodici cilindri, due bancate da sei, equilibrio perfetto e vibrazioni che spariscono. È la formula che ha fatto la storia, specie nella Motor Valley: Enzo Ferrari ci ha costruito un mito. La magia sta nella fluidità e nella capacità di erogare potenza in modo continuo: a ogni avviamento, rispetto a un sei in linea equivalente, il dodici riesce a raddoppiare la spinta mantenendo un funzionamento setoso.
Non è però un progetto economico: complesso da realizzare e costoso da assemblare, per questo lo si vede quasi solo sulle supercar più esclusive. Eppure, c’è chi in officina ha rimesso in vita qualcosa che sembra arrivare dal futuro, con numeri da capogiro e un carburante che apre scenari diversi dall’elettrico.
Motore V12 home made, tecnologia alternativa all’elettrico
Nel 2023 lo specialista Rob Dahm ha riportato alla luce un motore unico: costruito anni fa da Tyson Garvin e finito in abbandono. Dahm ci ha lavorato per oltre un anno e mezzo, restituendogli vita e voce. L’obiettivo era estremo: puntare a 5.000CV, una soglia che va ben oltre ciò che normalmente si riesce a scaricare a terra. Per capire la scala, già 1.000CV mettono in crisi telaio, gomme e trazione; qui l’asticella sale a livelli che fanno impallidire una F1 moderna.

La scelta del carburante è la chiave: il motore è pensato per funzionare a metanolo. Un’alternativa concreta ai combustibili tradizionali e una via diversa rispetto all’elettrificazione, con raffreddamento naturale migliore e tolleranza a compressioni e pressioni di sovralimentazione elevate. A supporto, ci sono tre turbocompressori che alimentano un’architettura fuori dagli schemi.
L’accensione non è stata una passeggiata. I due motorini di avviamento non riuscivano a far girare l’insieme alla velocità necessaria. Soluzione provvisoria: collegare in parallelo più batterie auto per ottenere la corrente richiesta e far prendere vita al propulsore. In seguito verrà progettato uno starter dedicato, capace di gestire inerzie e resistenze di un sistema così massiccio.
Quando finalmente si è acceso, il suono ha fatto il resto. Non è un rombo qualsiasi: è una sinfonia metallica, densa, che sale di tono e promette risposte immediate al pedale. Immaginarlo sotto il cofano di una supercar fa venire i brividi: coppia in abbondanza, allungo feroce e un’erogazione che, per costruzione, resta sorprendentemente regolare.
Il metanolo diventa la leva tecnica per puntare a potenze mostruose con gestione termica più favorevole, mentre i tre turbo e l’architettura a 12 rotori rivelano una strada alternativa alle soluzioni mainstream. Non è un esercizio di stile: è una dimostrazione concreta che, fuori dai laboratori delle Case, c’è chi riesce a costruire motori che riscrivono le regole. E a farlo con una visione che guarda avanti, oltre i dogmi dell’elettrico, senza rinunciare al piacere meccanico puro.