Un blu profondo, un lampo d’oro e un nome che fa battere il cuore: tornare a immaginare una Clio capace di emozionare non è nostalgia, è un riflesso condizionato. E se quell’immagine, firmata da un designer indipendente, fosse il primo passo verso qualcosa di più?
Ricordo la prima volta che ho incrociato una Renault Clio Williams. Piccola, tesa, con quei cerchi oro che sembravano raggi di sole sull’asfalto. Era diversa. Non solo veloce. Era precisa, ruvida, viva.
La storia lo spiega. Nel 1993, Renault svela la Clio più famosa di sempre. Sotto il cofano c’è un motore 2.0 16V da 150 CV (codice F7R), abbinato a un cambio a 5 marce corto e deciso. Il peso sfiora i 1.000 kg. Le prove dell’epoca misurano 0-100 km/h sotto gli 8 secondi e oltre 210 km/h di punta (fonti: Renault Classic; archivi Quattroruote ed Evo). La vernice è un blu specifico, spesso ricordato come Blu 449, con dettagli dorati e carreggiate allargate. Il nome “Williams” celebra la collaborazione sportiva con la Formula 1 e un’idea chiara: portare su strada ciò che nasce per le competizioni. Era una hot hatch senza filtri, firmata Renault Sport.
Oggi la Clio è un’altra cosa. È più sicura, più silenziosa. In gamma spicca la E-Tech full hybrid da 145 CV. Consumi bassi, tecnologia pulita, guida civile. Ma l’istinto ti chiede ancora quel graffio meccanico, quella compattezza agonistica. E qui arriva il colpo di scena.
Il rendering non è un annuncio ufficiale. È un esercizio, pulito e credibile. L’auto sfoggia un blu profondo con accenti dorati, un assetto ribassato, prese d’aria più generose, minigonne che stringono la fiancata. I cerchi sono leggeri, finitura satinata, profilo spalla pieno. Dietro si nota un diffusore sobrio e uno scarico centrale. Dentro, sedili più avvolgenti, volante spesso, cuciture dorate. È una citazione, non un cosplay. Funziona proprio per questo.
Domanda inevitabile: si può fare davvero? Da un lato, il mercato spinge al ribasso le piccole sportive. Ford ha salutato la Fiesta ST. Peugeot non ha più la 208 GTi. Le normative su emissioni e rumore alzano i costi. Renault ha riunito le attività sportive sotto il marchio Alpine, archiviano il logo RS per le stradali (comunicato aziendale 2021). Dall’altro, la passione non è scomparsa. Toyota ha dimostrato con Yaris GR che un progetto mirato trova pubblico. E l’arrivo di Alpine A290 elettrica indica una via alternativa per le compatte pepate.
Se una nuova Clio “Williams” nascesse oggi, sarebbe diversa. Probabile una base ibrida con messa a punto specifica: peso sotto controllo, telaio irrigidito, freni maggiorati, sterzo più rapido. Potenza? Non ci sono dati certi. Sulla Clio attuale il sistema ibrido è tarato su efficienza, non su tempi sul giro. Ma una limited con 170-190 CV reali, assetto e gomme giuste, potrebbe colpire nel segno senza tradire la logica 2025. In alternativa, un pacchetto estetico-autentico, se coerente nella dinamica, avrebbe senso commerciale e simbolico. Oltre non spingerei supposizioni: al momento non esistono conferme ufficiali da Renault.
Forse il vero punto è un altro. La Clio Williams ci ricorda che l’emozione sta nell’equilibrio: dimensioni umane, risposta pronta, carattere chiaro. La tecnologia può potenziare questa idea, non spegnerla. Allora immaginate di rivedere quel blu e quell’oro al semaforo. Non serve il rombo per riconoscerla. Serve il brivido. Voi, lo sentireste ancora?
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