Renault, questi motori non sono francesi: ecco chi li produce

Renault, simbolo dell’industria automobilistica francese, sorprende per i suoi motori: ecco chi li produce in realtà.

Quando si pensa a Renault, il pensiero va subito alla sua storica identità francese. Fondata nel 1899, l’azienda ha saputo ritagliarsi un ruolo da protagonista nel panorama automobilistico mondiale, diventando sinonimo di innovazione e design. Ma, al di là dell’iconico rombo che campeggia sulle sue vetture, si nasconde una realtà industriale ben più complessa e, per certi versi, inaspettata.

Negli ultimi anni, il mercato automobilistico si è evoluto verso una crescente globalizzazione, e Renault non fa eccezione. Dietro la sua immagine di orgoglio nazionale francese si cela una rete di collaborazioni e sinergie internazionali. In particolare, ciò che potrebbe sorprendere è scoprire che i motori di molte delle vetture Renault non sono interamente “made in France”, ma provengono da altre importanti realtà industriali.

Renault, non solo i motori interni: ecco chi li produce

Renault non opera da sola: fa parte di una delle alleanze industriali più potenti del settore, quella con Nissan e Mitsubishi. Questa partnership, che rappresenta una delle collaborazioni più significative nella storia dell’automobile, non si limita alla condivisione di tecnologie o piattaforme. Va ben oltre, arrivando al cuore delle vetture stesse: i motori.

Sebbene Renault conservi una forte presenza nei propri stabilimenti francesi, è da tempo che la produzione di molti propulsori è stata affidata agli stabilimenti Nissan e Mitsubishi. Questo processo fa parte di una strategia ben definita, che mira a ottimizzare i costi, migliorare le tecnologie e garantire una qualità uniforme.

I motori Nissan rappresentano una quota significativa della produzione dei propulsori Renault, specialmente per le vetture destinate al mercato globale. Non è raro, infatti, che i propulsori montati su modelli come la Renault Kadjar o la Captur siano il risultato diretto del know-how giapponese di Nissan. A questo si aggiunge il contributo di Mitsubishi, un altro pilastro dell’Alleanza, che ha portato in dote la sua esperienza nei motori ibridi e nei SUV compatti.

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Nissan e Mitsubishi producono i motori del colosso francese (Derapate Alla Guida)

 

Questa sinergia ha permesso di sviluppare motori più efficienti, performanti e in linea con le normative ambientali sempre più stringenti. Un esempio lampante è il motore 1.3 TCe, frutto della collaborazione con Nissan e progettato per unire prestazioni brillanti e consumi ridotti.

La scelta di Renault di affidarsi a partner come Nissan e Mitsubishi non è solo una questione di praticità. È anche una strategia vincente che permette al gruppo di competere su scala globale. Grazie alla diversificazione delle competenze, il marchio francese ha potuto ampliare la propria gamma di motori, abbracciando tecnologie avanzate come l’ibrido e l’elettrico, settori in cui Nissan e Mitsubishi hanno una lunga esperienza.

Non bisogna dimenticare che questa collaborazione non è a senso unico: Renault, a sua volta, contribuisce con il suo bagaglio tecnico, mettendo a disposizione il proprio expertise in settori chiave come i motori diesel e la progettazione di veicoli elettrici.

Le implicazioni di una scelta globale

La decisione di puntare su una produzione condivisa non solo ha ridotto i costi, ma ha anche permesso a Renault di rimanere competitiva in un mercato sempre più difficile. Tuttavia, questa strategia solleva domande interessanti sull’identità di un marchio automobilistico: quanto conta davvero il paese d’origine quando il prodotto finale è il risultato di una rete globale?

Per Renault, il segreto del successo sembra risiedere proprio in questa capacità di combinare il meglio di diverse tradizioni industriali. Il risultato sono vetture che, pur conservando il DNA del marchio francese, portano sotto il cofano un’anima decisamente internazionale.

L’esempio di Renault dimostra come il settore automobilistico stia evolvendo verso modelli sempre più integrati e collaborativi. Questa tendenza non riguarda solo il marchio francese, ma è ormai un fenomeno diffuso in tutto il settore. In un mondo in cui la competizione si gioca su scala globale, forse il concetto di “nazionalità” delle automobili sta diventando sempre più sfumato.

Alla luce di tutto ciò, viene spontaneo chiedersi: quanto ancora i grandi marchi manterranno la loro identità nazionale, e quanto invece diventeranno simboli di un’automobilistica veramente globale?

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