Il governo giapponese costretto a prendere i ripari, lo scandalo è un problema serio.
La sicurezza è ormai uno dei principali temi legati all’industria automobilistica. Gli automobilisti sono sempre più interessati alle più evolute tecnologie e tutti i marchi sono quindi alla ricerca di un ventaglio sempre più ampio di sistemi di sicurezza da inserire, di serie, nelle vetture. Un compito per nulla semplice, tanto da portare i costruttori a spingersi anche oltre.
È il caso dello scandalo che sta travolgendo il Giappone e i suoi marchi automobilistici di punta, al centro di un’indagine che, a quanto pare, si sta espandendo a macchia d’olio. Sotto i riflettori per ora Toyota, Mazda e anche Yamaha ed Honda, colpevoli – secondo le accuse – di aver falsificato la documentazione relativa ai dati sula sicurezza, tanto da portare al blocco della produzione e della consegna di alcuni modelli.
Tutto era iniziato lo scorso dicembre, quando una prima indagine aveva visto al centro delle accuse Daihatsu, brand sussidiario di Toyota che aveva falsificato alcuni test di collisione per veicoli venduti con addirittura delle irregolarità risalenti al 1989. Il prosieguo delle indagini ha fatto, però, emergere una situazione ancor più grave. Sarebbero quattro le case automobilistiche e una motociclistica ad essere sospettate di aver falsificato i test di sicurezza. “Queste sono azioni che minano la fiducia degli utenti e scuotono le fondamenta del sistema di certificazione automobilistica”, ha dichiarato il Ministro giapponese del Territorio, delle Infrastrutture, dei Trasporto e del Turismo.
Scandalo in Giappone, i dettagli e cosa avrebbero falsificato
In particolare, Toyota avrebbe certificato come sicuri modelli come la Fielder e la Axio – i nomi giapponesi della Corolla, sia berlina che station wagon – e anche la Toyota Yaris Cross, utilizzando “Dati inadeguati nei test di proiezione dei pedoni“. rientrano nell’indagine anche alcuni modelli fuori produzione, come la Crown, la Isis, la Siesta e la RX.
Mazda, invece, avrebbe manomesso i test di collisione su cinque modelli di cui due ancora in produzione come la Mazda 2 e la Roadster RF. Anche Honda, che non ha annunciato nessuno stop alla produzione, avrebbe secondo l’indagine falsificato i dati relativi alla potenza e al rumore dei motori a benzina, per un totale di più di 3 milioni di veicoli interessati.
In totale ci sarebbero ancora 17 aziende sotto inchiesta dopo che nel dicembre 2023 il governo giapponese aveva chiesto a 90 costruttori di riesaminare le proprie procedure a seguito dello scandalo Daihatsu. Una situazione imbarazzante e pericolosa che adesso il governo e i costruttori dovranno affrontare con rapidità e precisione.