Michael Schumacher, dopo tanti anni arriva un’ammissione clamorosa: le parole di chi lo conosce bene sono eloquenti
Michael Schumacher ed una nostalgia che non temina nemmeno per un secondo. Ma anche il non sapere le sue reali condizioni fisiche getta ancor di più nello sconforto chi l’ha ammirato ed amato quando correva in pista. Sette titoli mondiali in Formula 1, un record eguagliato solo da Lewis Hamilton, a caccia dell’ottavo iride con la Ferrari.
Schumi è nella leggenda di questo sport, ha scritto pagine importanti quando ancora contava più il pilota della stessa monoposto. E la sua assenza nel paddock non può non gettare un magone grande quando il mondo intero. Con il suo talento la sua capacità di arrivare prima degli altri e l’abilità nello sviluppare le vetture, probabilmente oggi sarebbe team principal di una scuderia.
Forse della Ferrari stessa. E senza dubbio dei suoi preziosi consigli ne avrebbe giovato anche il figlio Mick, fin qui una meteora in Formula 1 – due stagioni da pilota titolare, 2021 e 2022 con la Haas senza acuti e nel 2023 e 2024 da terzo pilota Mercedes – prima di dedicarsi al Campionato del mondo endurance con la Alpine.
Pilota ufficiale del team francese Mick aspira sempre di poter tornare in Formula 1, magari proprio con la scuderia transalpina.
Schumacher e quella dote particolare e nascosta: l’ammissione di Benetton
Chi conosce bene Michael Schumacher è senza dubbio Alessandro Benetton. Per 10 anni, dal 1988 al 1998 è stato il presidente della Scuderia che portava il suo cognome. Sotto la sua presidenza il periodo più luminoso, con la monoposto capace di vincere 26 Gran Premi sui 27 disputati e soprattutto due dei titoli mondiali vinti entrambi da Michael Schumacher, nel 1994 e nella stagione successiva. E nel 1995 vittoria anche del titolo Costruttori.

E proprio su Schumacher ha detto la sua Benetton, raccontando anche diversi aneddoti sul suo stile di guida che ben lascia immaginare il campione che è stato. “Quando Schumacher affrontava a 300 chilometri orari una curva teneva lo sguardo lì dove finiva per superarla con successo” ha ricordato.
“Progettualità ma con metodo” ha poi aggiunto. “Quella che lo spingeva ad indossare la tuta e per 20′ dormire per poi svegliarsi ed essere lucidissimo nel giro di pochi secondi“. Insomma, una sorta di cyborg, ed in pista lo era davvero. “Un po’ come lanciare un’Opa difensiva, ma restando aperti e determinati, sapendo che ci sono valori da difendere” ha poi concluso.