Un prototipo camuffato tra le corsie di Roma, il traffico che pulsa, un parcheggio impossibile che improvvisamente si apre: la nuova Smart #2 nasce per quel momento lì, quando la città ti mette alla prova e l’auto giusta cambia il finale.
La Smart #2 ha mostrato le prime immagini ufficiali, ancora mimetiche. Debutto nel 2026, arrivo in concessionaria l’anno dopo. È l’erede naturale della Fortwo, l’icona che ha riscritto le regole del parcheggio urbano. Qui l’impronta resta chiara: dimensioni ultracompatte, due posti, due porte, ruote agli angoli e trazione posteriore. Il test attuale usa la scocca del modello precedente su un pianale nuovo: non vediamo le forme definitive, ma il DNA è salvo.
Il cuore tecnologico è la piattaforma ECA (Electric Compact Architecture), sviluppata per piccoli EV con batterie più efficienti e dotazioni di sicurezza avanzata. Smart parla di un salto netto nelle assistenze alla guida. Nessun dato ufficiale su capacità, autonomia o ricarica: al momento, non è disponibile una scheda tecnica verificabile. Si può però ragionare sul posizionamento. Una city car elettrica con passo sfruttato e sbalzi ridotti, pensata per muoversi in congestione e sfruttare ogni buco libero. Sembra semplice. Non lo è.
Perché la #2 conta davvero? Per due motivi. Primo: il mercato. Nelle grandi città, dove lo spazio è un bene raro, un’auto così fa la differenza e genera volumi. Secondo: il quadro normativo. Dal 2035, in base al Regolamento (UE) 2019/631, i nuovi veicoli passeggeri dovranno essere a zero emissioni allo scarico. In questo contesto la Smart #2 parla la lingua giusta: è integralmente elettrica e punta a restare sotto soglie dimensionali tipiche delle urban car. Nei corridoi di Bruxelles circola anche il tema della categoria “E-Car” per le piccole elettriche: alcuni dettagli (come una soglia di 4,2 metri e possibili incentivi dedicati) sono oggetto di discussione nel dibattito politico. A oggi, non esiste però un testo definitivo e pubblicato che codifichi quella categoria con obblighi certi di produzione o dimensioni: informazione da considerare non confermata.
E qui arriva lo snodo. La #2 è disegnata in Germania, nel centro stile Mercedes, ma la produzione prevista è in Cina, nella cornice della joint venture con Geely. Una scelta coerente con la strategia della nuova Smart (già vista con #1 e #3) e utile a contenere il prezzo. Ma l’Europa, nel 2024, ha aperto un’indagine antisovvenzioni sui veicoli elettrici cinesi, con possibili dazi aggiuntivi: un fattore che può incidere su listini e marginalità. Se in futuro l’UE legasse benefici o accesso a categorie agevolate alla produzione in Europa, per la #2 le strade sarebbero due: spostare (anche in parte) la manifattura nel Vecchio Continente, con costi in risalita, oppure rinunciare a eventuali vantaggi regolatori e competere solo sul prodotto. Nessuna decisione ufficiale è stata comunicata: è il punto da osservare.
Intanto, il progetto ha senso industriale. Una city EV ben posizionata può intercettare clienti privati, flotte e car sharing. E i numeri lo dicono: secondo ACEA, nel 2024 la quota BEV è salita a doppia cifra in molti mercati chiave, con picchi nelle metropoli dove accesso e sosta premiano l’elettrico. Anche sul fronte sicurezza, le ultime piccole EV hanno centrato ottimi risultati Euro NCAP: un orizzonte realistico per la #2, pur senza dichiarazioni ufficiale.
La vedo così: una mini elettrica, solida, furba, pronta a infilarsi dove altre si arrendono. Resta la domanda che peserà sul suo destino europeo: dove nascerà davvero l’auto che vuole reinventare il parcheggio? Forse, la rivoluzione non dipenderà solo dai kilowatt, ma dal passaporto stampato sulla scocca.
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