Lo storico stabilimento Maserati di Grugliasco potrebbe presto riprendere vita grazie a un progetto americano che unisce design italiano e tecnologia d’oltreoceano.
Venticinque milioni di euro. Tanto vale oggi lo stabilimento Gianni Agnelli di Grugliasco, almeno secondo l’annuncio pubblicato su Immobiliare.it da Stellantis. Una cifra che suona come una sentenza per questo pezzo di storia dell’automotive torinese, messo in vendita come un qualsiasi capannone industriale.
Da quando Carlos Tavares ha deciso di chiudere i battenti, un anno fa, si sono susseguite le voci più disparate sul futuro dell’impianto. C’è chi voleva trasformarlo in un polo logistico, chi sognava di produrre hypercar elettriche, persino un allevatore di suini si era fatto avanti. E non sono mancati i rumors su misteriosi investitori cinesi pronti a sbarcare in città.
Un nuovo inizio made in USA
Ma ora spunta una proposta che ha il sapore di una vera rinascita. Jason Castriota, newyorkese di White Plains con un passato da designer nei più prestigiosi studi italiani, ha deciso di scommettere su Grugliasco. Non si tratta del solito imprenditore con progetti fumosi.
Castriota è uno che le auto le conosce davvero, le ha disegnate per anni, collaborando con i migliori. Ha mosso i primi passi in Pininfarina, dove ha dato forma alla Maserati Birdcage 75 e messo mano alla Ferrari 612k. Poi è passato alla direzione del design in Bertone, ha guidato il reparto stile di Saab e, più recentemente, ha gestito i progetti di elettrificazione in Ford.
Il suo piano è concreto quanto ambizioso. Ha fondato la Eve Nexus, una società con sede a Torino che punta a produrre tre modelli diversi: una sportiva per gli appassionati, un SUV per intercettare il mercato più redditizio, e un’utilitaria di lusso con una produzione prevista di ventimila pezzi. Non male per uno stabilimento che fino a poco fa sembrava destinato alla chiusura.
La Eve Nexus parte con un capitale sociale di centomila euro, ma dietro c’è molto di più. La società madre americana, registrata nel Delaware, può contare sul sostegno di un fondo d’investimento specializzato in mobilità sostenibile. E i marchi già registrati – Eve Auto, Eve AI, Eve Mobility – suggeriscono una visione che va oltre la semplice produzione di auto.
È come se un pezzo di Silicon Valley volesse trasferirsi nella vecchia capitale dell’auto italiana. Un matrimonio insolito tra la tradizione del design torinese e l’innovazione tecnologica americana. Del resto, non sarebbe la prima volta che questa combinazione produce risultati straordinari: basta pensare alle leggendarie auto italo-americane degli anni ’60.
Certo, la strada è ancora lunga. Trasformare un progetto sulla carta in una realtà industriale richiede tempo, investimenti e tanto lavoro. Ma l’idea di vedere nuovamente le luci accese nello stabilimento Gianni Agnelli, di sentire ancora il rumore delle linee di produzione, non sembra più così irrealizzabile. Forse il sogno di Marchionne di mantenere viva la tradizione automobilistica torinese non è destinato a spegnersi. Magari rinascerà in una forma diversa, più moderna, più elettrica, ma sempre con quel tocco di stile italiano che il mondo ci invidia.