Una sentenza inaspettata mette in discussione uno strumento su cui molti automobilisti facevano affidamento. La Corte Suprema ha preso una decisione che potrebbe cambiare le carte in tavola.
L’incidente è avvenuto in un attimo, come spesso accade. Due auto si sono scontrate a un incrocio e, come in un film già visto mille volte, è iniziata la solita danza: chi ha ragione e chi ha torto? Chi dovrà pagare i danni? In questo caso sembrava tutto chiaro: uno dei due guidatori non aveva rispettato lo stop. Ma c’era un dettaglio che prometteva di far pendere la bilancia dall’altra parte: la scatola nera.
Questo piccolo dispositivo, installato su molte auto moderne, registra una serie di dati sulla guida, tra cui la velocità. Nel caso in questione, la scatola nera aveva registrato che l’auto con diritto di precedenza stava viaggiando a 58 km/h, superando il limite di 50 km/h previsto per quella strada. L’assicurazione si è aggrappata a questo dato sostenendo che ci fosse una responsabilità condivisa nell’incidente.
Ma improvvisamente è arrivato il colpo di scena: la Corte di Cassazione ha stabilito che i dati della scatola nera non hanno valore legale. Come un castello di carte che crolla al primo soffio di vento, questa decisione ha fatto vacillare le certezze di molti.
La beffa della scatola nera: promesse non mantenute
La scatola nera sembrava la soluzione perfetta per mettere fine alle dispute sugli incidenti stradali. Come un arbitro imparziale, avrebbe dovuto fornire dati oggettivi su quanto accaduto. Il Codice delle Assicurazioni private aveva addirittura previsto che le sue registrazioni avessero “piena prova” nei procedimenti civili.
Ma c’era un intoppo, un dettaglio che è diventato un macigno: mancavano i decreti attuativi. Questi documenti, che avrebbero dovuto stabilire le caratteristiche tecniche e i requisiti minimi delle scatole nere, non sono mai stati emanati. È come se avessimo un fischietto per l’arbitro, ma nessuno avesse mai scritto le regole del gioco.
La Corte di Cassazione ha quindi sentenziato che “non è possibile attribuire valore legale a un dato raccolto da uno strumento prodotto da un privato per un privato senza che sia assoggettato a qualsivoglia forma di controllo o al rispetto di determinati parametri”. In parole povere, la scatola nera è come un testimone non attendibile in tribunale.
Questa decisione ha creato un paradosso: un dispositivo installato per fare chiarezza sugli incidenti si trova ora in una zona grigia legale. È come se avessimo comprato un’assicurazione che poi scopriamo non coprire proprio ciò per cui l’avevamo sottoscritta.
Per molti automobilisti, questa sentenza è una vera e propria doccia fredda. Chi aveva accettato di installare la scatola nera, magari in cambio di uno sconto sull’assicurazione, si trova ora con un dispositivo che, dal punto di vista legale, vale quanto un soprammobile sul cruscotto. Gli automibilisti italiani si trovano ora in un vicolo cieco legale, al quale occorrerà trovare una nuova via d’uscita.