Un’imprevista sospensione delle attività per tre colossi giapponesi: in standby la produzione delle big dell’automotive giapponese.
Difficile immaginare uno scenario più impegnativo: all’improvviso, dopo una forte scossa sismica al largo delle coste russe, le sirene di evacuazione hanno costretto l’industria automobilistica nipponica a fermarsi. Non solo un semplice stop: giapponesi e internazionali osservano la reattività dei maggiori costruttori mentre, nel giro di poche ore, le catene produttive si bloccano e i dipendenti abbandonano in fretta reparti, uffici e showroom.
Il timore è quello che il terremoto abbia conseguenze e che uno tsunami conseguente al terremoto da record metta nuovamente alla prova la tenuta del Giappone, a pochi anni dalle devastazioni del 2011. Uno stop che non ci voleva e che mette in crisi il mondo dell’auto, sempre in equilibrio precario.
Un’altra batosta nel mondo dell’automobile
Una scossa di magnitudo 8.8 scuote l’estremo oriente russo, sollevando ben più che onde marine: nel giro di pochi minuti, in Giappone suona l’allerta tsunami lungo tutta la costa pacifica. Quasi due milioni di abitanti sono chiamati a evacuare, mentre l’onda lunga dell’emergenza raggiunge anche le grandi aziende automobilistiche.

Nissan non esita: la sicurezza viene prima di tutto. Le linee produttive si fermano subito, i dipendenti degli stabilimenti vengono fatti salire ai piani alti e i colleghi della sede centrale di Yokohama vengono invitati a salire almeno al quinto piano, con il salone clienti al piano terra subito chiuso.
Segue Mitsubishi, che stoppa le attività nella fabbrica di Okayama, mentre coloro che lavorano nella zona vengono mandati a casa in attesa di nuovi sviluppi. Toyota si trova costretta a sospendere la produzione in ben otto impianti lungo la costa pacifica: una scelta obbligata, visto il rischio per la catena logistica e l’incolumità di chi lavora.
Nemmeno Suzuki e Yamaha sono immuni: spostamenti ai piani superiori, chiusura momentanea di reparti e un’attenzione costante ai bollettini delle autorità. In parallelo, la Fukushima Daiichi viene evacuata, i treni restano fermi e molte attività si preparano all’impatto, forti però di quanto imparato quattordici anni fa.
Allora, un’onda di dieci chilometri aveva spazzato via le difese e stravolto il Paese, causando oltre 19.000 vittime e lasciando una ferita indelebile nella memoria collettiva. Sono passate poche ore, ma sembrano grandi distanze dall’incubo del 2011.
Oggi il sistema di emergenza è rodato, i protocolli vengono applicati senza esitazioni e le evacuazioni filano lisce. Nessun ferito, nessun edificio industriale danneggiato: lo stop è stato solo precauzionale, ma racconta molto sulla prontezza e la determinazione di chi ogni giorno tiene in piedi uno dei motori dell’economia mondiale.
Le sirene d’allarme si spengono, la produzione riparte e, ancora una volta, l’industria automobilistica giapponese dimostra di sapersi rialzare in fretta, anche dopo la tempesta.